* 12. Nel quarto capitolo, Freud ci avverte che considera le pagine successive come una “speculazione che si spinge molto lontano, e che il lettore potrà apprezzare o trascurare secondo le sue predilezioni individuali”. Inizia la sua argomentazione esaminando gli:
– Stimoli provenienti dall’esterno.
Parla del sistema C (conscio), cui compete la funzione della coscienza e lo localizza all’interfaccia fra le parti anatomicamente più profonde del sistema nervoso e il mondo esterno. Passa poi a considerazioni, elaborate sull’idea di un organismo elementare, che gli permettono di avanzare l’ipotesi che la caratteristica precipua del sistema C, che lo differenzia dalle altre parti del sistema nervoso, consista nell’incapacità di conservare memoria degli stimoli che lo hanno attraversato, mentre altrove questi stimoli lasciano una modificazione, una traccia mnestica. La memorizzazione è incompatibile con la coscienza. Ciò è dovuto al fatto che, essendo lo strato esterno dell’organismo in questione “modificato al massimo”, non offre più alcuna resistenza al passaggio degli stimoli: si è instaurata una facilitazione.
Questo strato esterno ha però anche un altro compito fondamentale: quello di proteggere fisicamente l’organismo interno dall’azione distruttiva delle grandi energie in gioco nel mondo esterno. Esso adempie a questa funzione differenziando da sé la parte più esterna, che cessa di avere la struttura propria della sostanza vivente e diventa in certa misura inorganico. “Con la sua morte lo strato più esterno ha salvato gli strati più profondi dallo stesso destino”.
Freud continua poi con gli:
– Stimoli provenienti dall’interno.
Come lo strato sensibile ha da trattare gli stimoli provenienti dall’esterno, così è raggiunto dagli stimoli provenienti dall’interno dell’organismo e deve farne qualcosa; essi, a seconda delle loro caratteristiche, danno luogo alla serie delle sensazioni piacere-dispiacere, e giungono a destinazione senza alcuna diminuzione del loro ammontare perché, nel loro caso, è impossibile una protezione, come quella dello scudo protettivo, adottata per gli stimoli esterni; se gli stimoli provenienti dall’interno sono di intensità eccessiva, si instaura “la propensione a considerarli come se non agissero dall’interno, ma dall’esterno, al fine di poter usare contro di essi gli stessi mezzi di difesa con cui il sistema si protegge contro gli stimoli esterni”.
* 13. Si passa ora a questioni che ci interessano più da vicino, cioè si torna a considerare i casi in cui il principio di piacere è contraddetto.
Se consideriamo il caso degli eccitamenti “traumatici”, intendendo con tale espressione quegli eccitamenti così forti da essere in grado di spezzare lo scudo protettivo in qualche punto, potremo immaginare che, attraverso la breccia così creatasi, giunga ora all’apparato una forte corrente di stimoli, senza che possa essere in qualche misura temperata dall’azione dello scudo, posto fuori combattimento. Freud dice:
Da questa parte della periferia si dirige allora verso l’apparato psichico centrale una corrente ininterrotta di eccitamenti, quale di solito può promanare solo dall’interno dell’apparato. Ora, come potrà reagire la psiche a questa irruzione? Da tutte le parti viene raccolta energia di investimento, affinché la zona che circonda il punto di irruzione sia provvista di investimenti energetici sufficientemente elevati.[1]
Questa difesa consiste in un controinvestimento, cioè nell’affluire di “energia di investimento” da tutti gli altri sistemi fino al sistema interessato; questo innalzamento dell’energia del sistema serve a “legare” l’eccesso di energia penetratavi attraverso la breccia; in generale, quanto più un sistema dispone di energia quiescente, cioè legata, tanto maggiori importi di energia liberamente fluttuante può ricevere e legare, cioè trasformare in quiescente; al contrario un sistema dotato di bassa energia quiescente sarà messo in crisi anche da ridotti importi di energia che abbiano a invaderlo.
Da questo semplice teorema Freud può quindi dedurre una spiegazione dei sogni che compaiono nelle nevrosi traumatiche; in generale, l’angoscia non è che una preparazione a ricevere grandi importi di eccitamento, proprio perché consiste in un innalzamento del livello di energia di investimento e quindi mette il sistema in condizioni di ricevere e legare grandi quantità di stimoli. Considerando che un fattore determinante dell’instaurarsi di una nevrosi traumatica è la sorpresa, cioè il fatto che l’invasione accada senza che possa intervenire nessuna angoscia preparatoria, si comprende come le nevrosi traumatiche consistano degli scompensi venutisi a determinare in un apparato psichico invaso da una corrente di eccitamento che non era preparato a dominare; i sogni che ne seguono, che riportano incessantemente il sognatore alla situazione dell’incidente, sono tentativi di riaggiustare le cose, a posteriori, facendo insorgere quell’angoscia preparatoria che allora non aveva potuto intervenire a causa della subitaneità dell’evento.
Ora, i sogni tipici delle nevrosi traumatiche sono proprio uno degli esempi più pregnanti, per Freud, di contraddizione del principio di piacere, quindi:
Nelle nevrosi traumatiche i sogni riportano abitualmente il malato nella situazione dell’incidente; e in questo caso va detto che essi non assolvono certo la funzione loro assegnata dal principio di piacere di appagare i desideri in forma allucinatoria. Possiamo invece supporre che essi aiutino a venire a capo di un altro compito, che deve essere risolto prima che possa instaurarsi il dominio del principio di piacere. Questi sogni cercano di dominare gli stimoli retrospettivamente, sviluppando quell’angoscia la cui mancanza era stata la causa della nevrosi traumatica. Essi ci permettono così di farci un’idea di una funzione dell’apparato psichico che, senza contraddire al principio di piacere, è però indipendente da esso, e pare più primitiva del proposito di ottenere piacere ed evitare dispiacere.
Parrebbe dunque che sia questo il momento di ammettere per la prima volta un’eccezione alla regola che il sogno è l’appagamento di un desiderio.[2]
Si sarebbe tentati di prendere subito per buone queste conclusioni, affermate con linearità e decisione, e procedere oltre. Ma se, al contrario, ci si ferma un attimo a riflettervi sopra, sorgono dei dubbi.
E’ proprio vero che, ammesso che si possano spiegare nei termini esposti le nevrosi traumatiche e i sogni che le caratterizzano, il processo descritto debba essere visto come qualcos’altro dal principio di piacere? Non viene da pensare che, siccome un invasione di “eccitamento” non può che essere percepita (secondo lo stesso Freud) come un dispiacere, il processo ipotizzato, che si prefigge il compito di “legare” questo eccesso energetico, seppure a vuoto perché a posteriori, e che cioè vorrebbe riportare l’organismo a uno stato di minore contenuto in “energia liberamente fluttuante”, faccia nient’altro che ciò che, secondo Freud, fa il principio di piacere? Dobbiamo chiederci dove stia la differenza, sempre che vi sia.
Intanto viene subito in mente qualcosa che pone in contraddizione le affermazioni di Freud: egli stesso, in quest’opera, aveva detto sopra, come ho ricordato, che un esempio di limitazione del principio di piacere è costituito dall’operare della rimozione;orbene, cosa fa la rimozione? Per mezzo di un controinvestimento, si sforza di mantenere separato dalla “grande unità dell’Io” qualcosa (un eccitamento pulsionale indesiderato) che aumenterebbe il livello di eccitamento dell’apparato. Qual è la differenza con quanto abbiamo ipotizzato all’opera nella nevrosi traumatica? Non mi sembra di vedere una differenza significativa: si tratta comunque di controinvestimenti finalizzati a legare eccitamenti in eccesso. Ma Freud aveva spiegato il processo della rimozione, come dicevo, ricorrendo al solo principio di piacere, come si ricorderà, sostenendo che ciò che è piacere per un sistema può essere dispiacere per un altro. È l’operare dell’Io secondo il principio del proprio piacere che gli fa istituire un controinvestimento nei confronti di determinate pulsioni. Perché dunque ora, per spiegare lo stesso processo, dobbiamo ricorrere non più al principio di piacere, ma a qualcosa, la coazione a ripetere, che viene presentata come indipendente da esso e più primitiva?
Torniamo a quella perplessità che già ci aveva interrogato: la coazione a ripetere e il principio di piacere sono forse la stessa cosa? Freud parla di forze che per lui sono palesemente differenti, ma quando ne descrive l’operare appare un’analogia che lascia interdetti.
Proseguendo, Freud giunge alla conclusione che i sogni delle nevrosi traumatiche sono forse la prima occasione in cui sembra contraddetta la regola generale che il sogno sia un appagamento di desiderio; ma questa constatazione immediatamente dilaga:anche i sogni che si verificano durante il trattamento analitico e che riproducono traumi dell’infanzia sono così, anche se in essi la coazione a ripetere è sostenuta dal desiderio di rievocare quello che è stato dimenticato e rimosso. E poi:
Ma se esiste un “al di là del principio di piacere”, è logico ammettere che c’è stata anche un’epoca che ha preceduto la tendenza del sogno ad appagare i desideri del dormiente. Questa ipotesi non contraddice alla funzione assolta in seguito dal sogno. Ma una volta infranta la regola, sorge un nuovo problema: non è possibile che sogni del genere, che ubbidiscono alla coazione a ripetere nell’intento di legare psichicamente le impressioni traumatiche, si verifichino anche fuori dell’analisi? La risposta a questo interrogativo non può essere che affermativa.[3]
In poche righe, mi pare, non viene solo presentato qualcosa che sarebbe un’eccezione che conferma la regola, ma un sovvertimento generale, assoluto, della teoria pulsionale, attraverso la teoria del sogno: si che i sogni sono appagamenti di desiderio, una volta che la coazione a ripetere, più primitiva e fondamentale, abbia assolto alla sua funzione di legare psichicamente le impressioni traumatiche.
Dai sogni delle nevrosi traumatiche, ai sogni in analisi, ai sogni in generale. Il progresso è rapido e, in una pagina, tutto il territorio dell’onirico viene occupato dalla coazione a ripetere.
* 14. Proviamo a vedere se è possibile tornare con qualche utilità alla questione della relazione fra coazione a ripetere e principio di piacere. Abbiamo detto sopra che appare un’analogia conseguente al fatto che in entrambi i casi interviene un controinvestimento destinato a fronteggiare uno stimolo disturbante:
In effetti, il ruolo della parte che mette in essere l’angoscia, (che nel primo caso è l’Io, nel secondo si potrebbe immaginare che sia l’“apparato psichico” nel suo complesso), sembra il medesimo: alimentare un controinvestimento finalizzato a legare psichicamente una energia liberamente fluttuante indesiderata in arrivo; non pare costituire un elemento di differenziazione significativo il fatto che nel primo caso la corrente di eccitamento disturbante provenga dall’interno dell’apparato mentre nel secondo proviene dall’esterno; infatti, dal punto di vista economico, si tratta sempre di diminuire il livello dell’energia non legata che ha invaso il sistema.
Ma la raffigurazione che ho disegnato qui sopra trae in inganno: infatti, la seconda parte di essa, quella che vorrebbe rappresentare il caso dei sogni delle nevrosi traumatiche, rappresenta invece un’altra situazione, quella in cui la nevrosi traumatica non dovrebbe instaurarsi, secondo la concettualizzazione di Freud, perché l’angoscia preparatoria è insorta in anticipo rispetto all’eccitamento dovuto all’incidente e quindi non c’è stato, in realtà, “spavento”. L’immagine mostra infatti una ipotetica barriera carica di controinvestimento che si oppone alla corrente di eccitamento in entrata nel sistema. Ma ciò è proprio quanto avrebbe dovuto verificarsi se vi fosse stato il tempo per un’angoscia preparatoria, cioè nel caso in cui non vi fosse stata quella sorpresa che Freud giudica determinante per l’insorgenza di questo tipo di disturbo.
Volendo schematizzare il caso dei sogni delle nevrosi traumatiche, bisogna pertanto ricorrere a una raffigurazione in due tempi:
E’ difficile infatti immaginare che Freud credesse che, una volta avvenuta l’irruzione energetica nel sistema in seguito allo spavento, l’eccitazione potesse permanere nell’apparato sotto forma di eccesso di energia liberamente fluttuante. E ciò per due ragioni:
– per come descrive lo stato delle nevrosi traumatiche, laddove dice che durante la veglia questi malati non sembrano molto occupati dal ricordo dell’incidente. Il che sembra indicare l’idea che quell’eccesso di energia da qualche parte si sia scaricato.
– ma soprattutto perché, se le cose stessero così, la nevrosi traumatica non esisterebbe, in quanto la situazione sarebbe chiaramente reversibile: quell’energia in più che non è stata legata al momento del trauma resterebbe lì, “fluttuante”, disponibile a essere legata successivamente e perciò effettivamente basterebbe che il controinvestimento intervenisse a posteriori.
Invece, Freud dice:
Se non vogliamo che i sogni di coloro che soffrono di nevrosi traumatica ci turbino nel nostro convincimento che il sogno tende all’appagamento di un desiderio, non ci resta che una via d’uscita: ammettere che in questa situazione anche la funzione del sogno, come molte altre cose, viene disturbata e deviata dai suoi scopi; altrimenti dovremmo ricorrere alle misteriose tendenze masochistiche dell’Io.[4]
Quindi egli pensava, mi pare di capire, che il “trauma”, dal punto di vista psicopatologico, consistesse in una qualche disorganizzazione dell’apparato psichico, inteso nella globalità del suo funzionamento, dovuta a questo eccesso di energia che lo ha attraversato, che lo ha “fulminato”.
Un apparato psichico “fulminato” sarebbe poi, in base a quanto egli dice successivamente, quello in cui mancano le premesse (relative forse agli equilibri energetici) necessarie affinché possa instaurarsi il regime del principio di piacere.
Ecco quindi, infine, quale potrebbe essere la differenza sostanziale fra i sogni d’angoscia e i sogni post-traumatici: mentre nei primi, come abbiamo detto, l’angoscia e il controinvestimento a essa correlata, reagiscono a una stimolazione attuale, determinata dalla spinta pulsionale rimossa, nei secondi non è in essere alcun sovraeccitamento; invece, l’apparato psichico si sforza di rimettere a posto una propria profonda modificazione, intervenuta a seguito dello spavento e che però appare come irreversibile,(fulminazione), o perlomeno non riequilibrabile con quei mezzi: i sogni post-traumatici si ripetono in un automatismo inutile che non raggiunge il suo scopo. Il sovraeccitamento non c’è più; si è scaricato in questa fulminazione, in questo aver “bruciato” il sistema.
Ora, questa è davvero una differenza considerevole perché, nel caso dei sogni d’angoscia, c’era un sovraeccitamento (o il rischio di un sovraeccitamento: pericoloàangoscia) e quindi l’intervento del controinvestimento poteva essere spiegato come l’intento di abbassare (o mantenere bassa) l’energia del sistema e in ciò sta per Freud, come abbiamo visto, proprio l’essenza del principio di piacere.
Al contrario, nel caso dei sogni post-traumatici, non vi è alcun sovraeccitamento in atto o potenziale ; dunque, perché mai dovrebbe essere sviluppato un controinvestimento, o, ciò che ne è il correlato soggettivo, un’angoscia? Non essendovi alcun sovraeccitamento, non vi è alcun livello energetico da ridurre o da mantenere ridotto, quindi non vi è alcun interessamento del principio di piacere. D’altra parte, qualcosa accade nei sogni post-traumatici, qualcosa di così potente da funzionare provocando dispiacere, quindi più potente del principio di piacere. Questo qualcosa che non è il principio di piacere e funziona nonostante il dispiacere che genera è appunto quel qualcosa che, a questo punto con ragione, Freud definisce: “più originario, più elementare, più pulsionale di quel principio di piacere di cui non tiene alcun conto”[5].
Date le premesse, è inevitabile giungere alla conclusione che vi sia un motore psichico più primitivo e più potente del principio di piacere.
Cosa poi esso sia, se dobbiamo attribuirgli le caratteristiche di una coazione a ripetere o di una pulsione di morte o che altro, non saprei. Ma intanto abbiamo compiuto un passo avanti; almeno ora abbiamo potuto cogliere qualche tratto più definito delle sembianze della pulsione di morte (fino a questo punto, Freud l’ha chiamata solo coazione a ripetere):
Conclusione n. 1:
Essa si manifesta per Freud nel fatto che, in determinati casi (come ad esempio nei sogni post-traumatici), è evidente l’azione di una forza potente, più potente del principio di piacere perché agisce noncurante del fatto di generare dispiacere, e che non è identificabile con il principio di piacere stesso perché interviene in una dinamica economico-energetica che non è tale da poter giustificare e quindi sollecitare un’azione di riequilibrio da parte del principio di piacere stesso.