Al di là del principio di piacere /7

* 21.  Il capitolo settimo introduce una nuova questione, relativa alla distinzione tra funzione (coazione a ripetere) e tendenza (principio di piacere). Per il resto, le pagine successive non sembrano poterci ulteriormente illuminare sui dubbi che erano sorti a proposito del rapporto fra principio di piacere e pulsione di morte.

Conclusioni

Difficile è la posizione in cui Freud ci mette con questo scritto; questo perché, da una parte, e spero di essere riuscito a mostrarlo con sufficiente evidenza, il testo si contraddice su questioni cardine; l’entità delle antinomie evidenziabili, inoltre, è tutt’altro che marginale, in quanto esse riguardano i concetti fondamentali della teorizzazione: principio di piacere, coazione a ripetere, pulsioni sessuali, libido, pulsioni di vita e pulsioni di morte. Come se ciò non bastasse, le varie contraddizioni sembrano riconducibili a una sola che va a inficiare direttamente l’opera al cuore: la distinzione fra due gruppi pulsionali differenti e contrapposti, cioè il dualismo pulsionale dell’ultimo Freud. Siccome le differenziazioni che egli illustra fra i due supposti gruppi pulsionali tendono continuamente a svanire davanti ai nostri occhi, si è portati a pensare che due siano i casi (beninteso, mantenendo la questione sul punto dell’economia energetica delle pulsioni come fa Freud):

– che non vi sia un dualismo pulsionale, ma un monismo.

– che, se vi fosse un dualismo pulsionale, esso non sarebbe quello indicato da Freud, ma un altro che gli è sfuggito e che renderebbe conto dei suoi interrogativi senza però quelle gravi contraddizioni.

Dall’altra parte è difficile “cassare” questo scritto di Freud, così importante, fra l’altro, nell’evoluzione del suo pensiero. È difficile credere che Freud abbia imbastito tutta la complicata e poco sostenibile architettura di “Al di là del principio di piacere” senza un motivo. A maggior ragione perché egli stesso era consapevole, come più volte ripete, che tutta la faccenda fosse astrusa, poco convincente, poco dimostrabile e poco mostrabile facendo ricorso a una fenomenologia univocamente interpretabile. Ma, allora, perché imbarcarsi in questa impresa? Appunto questo mi lascia perplesso; sono portato a credere che egli avesse capito che v’era la necessità assoluta di introdurre delle modifiche sostanziali nella teoria, perché altrimenti v’erano dei conti che non tornavano.


[1]S. Freud, Al di là del principio di piacere, Op. cit.pag. 229.

[2]  ibidem, pagg. 238-239.

[3]S. Freud, Al di là del principio di piacere, Op. cit.pag. 241.

[4] Ibidem, pag. 242.